27 maggio, 2009

Ballata insonne per primogenite lontane (si, non c'ho un cazzo da fare... a parte dormire, cosa che non riesco a fare).

Aveva le unghie affilate e smaltate,
Charlotte era fresca di fine estate.
Guardava in cagnesco ed era inquietante,
passava leggera, con orma pesante.
Era diversa, era bambina,
anima salva, un po' bambolina,
piangeva depressa, o forse incazzata,
una smorfia, un gestaccio, carta voltata.
Animo allegro, un calcio alle palle,
occhio alla lama e attento alle spalle.
Arroganza superba, orgoglio severo:
aveva la ragazza un pellicciotto nero.
La scruta la gente tutta impettita,
una birra ed un rutto e s'è divertita.
Troppo cervello, lingua tagliente
dolce fanciulla, un po' delinquente.
Guardala bene, bella anche tanto
se la conosci, te ne fai vanto.
Sempre sincera, sorella agguerrita,
causa o rimedio di qualche ferita.
Sempre presente per chi s'avvicina,
poi qualche volta diventa piccina.
Se pensa malizia, alza il sopracciglio,
sempre astuta, sa usare il suo piglio.
Amante distratta e poi un sorriso
ti manda all'inferno ed al paradiso.
La gente la guarda un po' circospetta,
lei non è preda, è furia che aspetta.



N.B.: L'immagine qui presente, tagliata per motivi di pubblicazione, si deve a colui che una volta si firmò in chat con la vignetta sotto raffigurata. Ringraziandolo per ovvi motivi, prima o poi vedrete l'opera completa (forse).

21 maggio, 2009

Quando qualcosa manca.

"- Non si può scrivere la propria morte.
E' lo psichiatra che mi ha detto così, e sono d'accordo con lui perché, quando si è morti, non si può scrivere. Ma, dentro di me, penso di poter scrivere qualunque cosa, anche se è impossibile e anche se non è vera.
In genere m'accontento di scrivere nella testa. E' più facile. Nella testa tutto si srotola senza difficoltà. Ma una volta scritti, i pensieri si trasformano, si deformano, e tutto diventa falso. A causa delle parole.
Dovunque mi trovi, scrivo. Scrivo mentre vado verso il bus, scrivo nel bus, nello spogliatoio degli uomini, davanti al mio macchinario.
Il guaio è che io non scrivo ciò che dovrei scrivere, scrivo qualunque cosa, cose che nessuno può comprendere e che nemmeno io comprendo. La sera, quando ricopio quello che ho scritto nella mia testa durante la giornata, mi domando perché ho scritto tutto ciò. Per chi, e per quale ragione?

Lo psichiatra mi domanda:
- Chi è Line?
- Line è un personaggio inventato. Non esiste.
- La tigre, il pianoforte, gli uccelli?
- Incubi, nient'altro.
- Lei ha cercato di morire per colpa dei suoi incubi?
- Se avessi veramente cercato di morire, sarei già morto. Volevo solo riposarmi."


Tratto da "Ieri" di Agota Kristof.